La Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. L'occasione per un bilancio, di Valeria Valente

Celebrare il 25 novembre, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, significa fare un bilancio su un fenomeno strutturale di natura culturale, diffuso e pervasivo. Ma significa anche riconoscere la forza delle donne, di tutte le donne che in un modo o nell’altro, ciascuna a modo proprio, hanno lottato contro violenze, abusi e discriminazioni del loro presente e con una lunga e pesante storia di pregiudizi e stereotipi che vengono dal passato.


Se tutti noi siamo, almeno in parte, ciò che le nostre battaglie ci hanno lasciato, allora le donne italiane oggi portano l’eredità di chi in passato ha dato voce e rappresentanza al loro bisogno di cambiamento. Ed è giusto ricordare la fatica di un percorso che ha visto approvate leggi fondamentali, portandoci dove siamo oggi. 

Penso alla legge Merlin nel 1958 e a tutte le norme contro lo sfruttamento della prostituzione venute in seguito, all'abolizione del reato di adulterio soltanto nel 1968 grazie ad una sentenza della Corte costituzionale e all’abrogazione del delitto d’onore nel 1981. Penso all’ampio intervento riformatore del 1996 in tema di violenza sessuale e in particolare al valore simbolico di civiltà che ebbe il passaggio dello stupro a reato contro la libertà personale.

Da allora molto si è fatto dal punto di vista normativo, sia per la repressione sia per la tutela della vittima, a cominciare dalle novità introdotte nel 2001, con l’ordine di protezione per il convivente e l’allontanamento dalla casa familiare. E ancora introducendo nel 2006 il reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili e nel 2009 quello di atti persecutori, meglio conosciuto come stalking. 

Gli anni più recenti, poi, si sono aperti con la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte dell’Italia, grazie a cui tra il 2013 e il 2015 sono stati introdotte pene più pesanti in caso di presenza di minore o reati contro donne in gravidanza, ulteriori misure cautelari e strumenti più efficaci per l’assistenza e la protezione della vittima; fino ad arrivare al Codice rosso, approvato dal Parlamento nell’estate 2019, che mira a velocizzare il procedimento penale per i delitti di violenza domestica e di genere, accelerando così anche l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione nei confronti delle vittime.

Ho voluto brevemente ripercorrere le novità legislative più significative di questi anni, introdotte peraltro da maggioranze di colore politico diverso e spesso anche in maniera trasversale tra le forze politiche. Quest’ultimo rappresenta senza dubbio un valore in più, a dimostrazione che molto si è fatto per recuperare un ritardo oggettivamente insopportabile nel contrasto alla violenza contro le donne. 

Questi strumenti normativi costituiscono un quadro evoluto, in gran parte soddisfacente, che non richiede rivoluzioni, ma aggiustamenti mirati e un’opera attenta di manutenzione, ma soprattutto di effettiva applicazione, che deve passare anche da formazione e aggiornamento continui di tutti gli operatori che hanno a che fare con la violenza.

Tutto questo però non basta. Le donne in Italia continuano a morire per mano dei loro aguzzini. Questo accade anche perché la violenza di genere resta un fenomeno ancora in buona parte sommerso e sconosciuto. Se è vero che solo il 10% delle donne denuncia la violenza subita, noi abbiamo l’obbligo di chiederci cosa non funziona. E abbiamo il dovere di cambiare registro, a cominciare dalla capacità di leggere correttamente la violenza per quello che è.

Un fenomeno che presenta una grande varietà di tipologie, di autori di reato e di soggetti coinvolti, direttamente e indirettamente, nella denuncia, nel percorso di assistenza della vittima fino nei procedimenti che spesso interessano sia l’ambito civile sia quello penale. Comprendere e interpretare in modo adeguato questo insieme di elementi richiede strumenti statistici avanzati, professionalità dotate di competenze specialistiche e una rete di operatori sociali integrata e capillare sul territorio. 

Per quanto riguarda i primi, in Senato, proprio il 25 novembre verrà discusso in Aula un disegno di legge che costruisce un sistema articolato di rilevazione dei dati riguardanti la violenza di genere. L’obiettivo è realizzare, grazie anche al prezioso contributo dell’ISTAT, una serie di indagini campionarie interamente dedicate alla violenza contro le donne e renderle stabili nel tempo. Molte violenze di genere si nascondono nelle lesioni e nelle percosse, o nelle minacce e nella violenza privata, se si considera la violenza psicologica, ma anche nel danneggiamento e nell’appropriazione indebita.

È necessario intercettarle prima che queste situazioni sfocino in atti più efferati o addirittura nel femminicidio; e per farlo serve individuare la relazione tra autore del reato e vittima già in quelli che sono i reati “spia”. Fino a non molto tempo fa sembrava un obiettivo da libro dei sogni, ma stiamo dimostrando che non è così. Lo considero un passo importante che attendeva da tempo, eppure, anche questo, non sufficiente.

Il solo modo per incidere in profondità è costruire un’ampia e solida risposta culturale, che prenda atto del fatto che pene severe già ci sono e incida invece principalmente su educazione e prevenzione. Bisogna partire riconoscendo che la violenza contro le donne ha una natura strutturale, le cui radici affondano nella concezione proprietaria del corpo femminile, nella disparità di potere e nelle disuguaglianze ancora persistenti tra donne e uomini. Se è così, risulta fondamentale chiamare ad un impegno comune le risorse migliori del Paese; costruire una rete solida tra università, professioni, magistratura, forze dell'ordine per fare sì che sempre di più si diffondano moduli e pratiche condivise nella risposta assistenziale e in quella repressiva.

Infine, se in questi anni nel Paese è cresciuta la consapevolezza generale su questo tema, ciò è stato merito in buona parte di tutti i soggetti, a partire dalle associazioni che gestiscono centri antiviolenza e case rifugio, che ogni giorno operano fuori dalle istituzioni e sono un punto di riferimento fondamentale per le donne italiane. Oggi, soprattutto durante una durissima emergenza sanitaria, sociale ed economica, è a loro che deve andare un’attenzione particolare da parte delle istituzioni. Queste agenzie diffuse sono una rete di protezione sul territorio fondamentale, che va sostenuta e potenziata sia con strumenti di emergenza sia migliorandone i modelli di governance e di interconnessione.

Il 25 novembre deve essere l’occasione per discutere di tutto questo. Alle donne non serve una risposta paternalistica, che le etichetti come soggetto debole. Alle donne serve che venga riconosciuta loro piena parità. C’è un solo modo per farlo: mettendole in condizione di far valere la loro forza e la capacità di costruire percorsi di autonomia e libertà attraverso il lavoro e il pieno impegno nella società.

Sen. Valeria Valente

Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere del Senato

25 novembre 2020