Diritto all'oblio oncologico, di Grazia Labate

La Camera (all’unanimità) ha votato la proposta di legge che assicura che alla guarigione clinica, corrisponda la possibilità di esercitare i propri diritti in condizioni di uguaglianza rispetto al resto della popolazione.


L’Aula della Camera ha detto si alle norme per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche, la cosiddetta legge sull’oblio oncologico. Il testo, approvato con 281 voti a favore e nessun contrario, passa ora al Senato.
Introduce un «diritto all’oblio» per assicurare che alla guarigione clinica corrisponda la possibilità di esercitare i propri diritti in condizioni di uguaglianza rispetto al resto della popolazione, con riferimento all’accesso ai servizi finanziari, bancari e assicurativi, nonché alle procedure di adozione di minori.

Il testo definisce il diritto all’oblio oncologico come il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né essere oggetto di indagini sulla propria pregressa condizione patologica. In tema di accesso ai servizi bancari, finanziari ed assicurativi si prevede che ai fini della stipula o del rinnovo dei relativi contratti non è ammessa la richiesta di informazioni relative allo stato di salute della persona fisica contraente concernenti patologie oncologiche da cui essa sia stata affetta in precedenza, qualora il trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta; tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del ventunesimo anno di età. Al Garante per la privacy la funzione di vigilanza.

Tali informazioni non possono essere acquisite neanche da fonti diverse dal contraente e, qualora siano nella disponibilità dell’operatore o dell’intermediario, non possono comunque essere utilizzate per la determinazione delle condizioni contrattuali. Novità, in relazione all’acquisizione di informazioni sul background sanitario, anche in materia di adozioni e di accesso ai concorsi per pazienti guariti dal cancro. Viene attribuita al Garante per la protezione dei dati personali la funzione di vigilanza sulla corretta applicazione delle nuove disposizioni.

Si è conclusa una prima importante tappa di un lavoro condiviso dentro e fuori dal Parlamento, che serve a dare una risposta concreta per la vita delle persone. Ci sono oltre un milione di persone che sono guarite da una malattia oncologica per la scienza, eppure hanno un trattamento diverso quando devono chiedere un mutuo per comprare casa, un prestito per acquistare un’auto o addirittura se vogliono essere padre e madre chiedendo l’adozione di un bambino.

Una vera e propria ingiustizia che la nostra legislazione ha tollerato fin qui e che ora si deve celermente superare. Una legge che è una speranza, che conferma che dalle malattie oncologiche si guarisce e che si può ricominciare una vita senza il peso di uno stato che pone ostacoli o discriminazioni.

Maria Elena Boschi relatrice della legge ha dichiarato “È stato il primo atto che ho presentato in questa legislatura, con le firme dei colleghi di maggioranza e opposizione. Durante l’esame del provvedimento - sottolinea - abbiamo lavorato in piena sintonia e condivisione con tutti i gruppi, arrivando all’unanimità di consenso. Un segnale positivo che spero possa avere lo stesso esito al Senato affinché la legge sia approvata rapidamente”.

Da dove siamo partiti? Dalla constatazione che chi ha avuto una malattia oncologica, oggi si trova a vivere delle difficoltà nell’accesso ad alcuni servizi. Richiedere mutui, prestiti, assicurazioni e adozioni, per un ex paziente significa spesso fare i conti con il passato e con la patologia che si è lasciato alle spalle. Mentre un tempo il tumore era una malattia che dava poche speranze di sopravvivenza, oggi moltissime neoplasie sono curabili, e altre hanno un’aspettativa di vita lunga.

Era ed è necessario che il nostro Paese si unisca a quelli che hanno emanato la legge per il diritto all’oblio, garantendo ai suoi cittadini un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica. Si tratta di una norma che permette all’ex paziente di non dichiarare la malattia, pratica oggi obbligatoria per la stipula di molti contratti e la richiesta di alcuni servizi.

Per questa ragione le maggiori Associazioni di pazienti oncologici a partire da Fondazione AIOM hanno realizzato la campagna di comunicazione “Io non sono il mio tumore” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni, nella speranza di raggiungere al più presto gli altri Paesi virtuosi.


LA GUARIGIONE DAL TUMORE
Un paziente oncologico viene considerato “guarito” quando raggiunge la stessa attesa di vita della popolazione generale. Le tempistiche variano in relazione alle diverse neoplasie.
Meno di 5 anni per il cancro della tiroide
Meno di 10 anni per il cancro del colon e il melanoma
Oltre 15 anni per i tumori della vescica e del rene, linfomi non-Hodgkin (in particolare i linfomi a grandi cellule B o follicolari), mielomi e leucemie, soprattutto per le varianti croniche
Intorno ai 20 anni per alcuni tumori frequenti, come quelli della mammella e della prostata, perché il rischio che la malattia si ripresenti, sebbene esiguo, si mantiene molto a lungo.

CHI RIGUARDA
Ogni neoplasia ha diverse caratteristiche e richiede, anche in funzione della persona che ne è affetta, un diverso iter di terapie. Esistono tumori che possono essere curati in alcuni mesi, altri in pochi anni, altri ancora richiedono più tempo. Alcuni possono essere cronicizzati e garantiscono al paziente una qualità di vita quasi pari a chi non è malato. Nel dettaglio, la legge per il diritto all’oblio permetterebbe di non considerare più paziente oncologico:
Chi ha avuto un tumore solido in età pediatrica, dopo 5 anni dal termine delle cure;
Chi ha avuto un tumore solido in età adulta, dopo 10 anni dal termine delle cure.

I NUMERI IN ITALIA
Nel nostro Paese sono 3,6 milioni le persone che hanno avuto una diagnosi di cancro. Di questi, il 27% – circa 1 milione – può essere considerato guarito. Molti di loro subiscono, hanno subito o subiranno ingiustamente discriminazioni legate alla malattia.

DOVE È GIÀ LEGGE
Negli ultimi due anni Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo, si sono attivati per dare vita alla legge che garantisca agli ex pazienti il diritto a non essere rappresentati dalla malattia e a non subire discriminazioni.

LA RIABILITAZIONE PER LA QUALITÀ DI VITA
Il Piano europeo di lotta contro il cancro mira non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui.
A tal proposito, la Mission on Cancer, promossa e finanziata dalla Commissione Europea, prevede di salvare entro il 2030 tre milioni di persone, assicurando una vita più lunga e migliore, attraverso 3 pilastri: prevenire tutto il prevenibile, ottimizzare la diagnostica e il trattamento e sostenere la qualità della vita. Il ritorno a una vita normale, produttiva e “di qualità” può essere assicurato solo da una tempestiva riabilitazione oncologica, conditio sine qua non per un pieno recupero fisico, nutrizionale, cognitivo, psicologico e sociale. I problemi più comuni cui devono far fronte le persone guarite dal cancro derivano infatti da complicanze, più o meno invalidanti, conseguenti alla malattia in sé o ai trattamenti (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, farmaci), per cui è necessario un programma personalizzato, che tenga conto dei diversi aspetti dei deficit funzionali.

Solo una tempestiva riabilitazione oncologica “globale” consente di reinserire le persone libere da malattia e/o guarite nel sistema lavorativo, nella famiglia e nella società civile.
La riabilitazione deve dunque essere parte integrante del piano terapeutico di ciascun malato di cancro, in tutte le fasi del percorso, allo scopo di prevenire e trattare gli effetti collaterali dei trattamenti, come anche di recuperare le funzioni lese.
 

La riabilitazione oncologica in Italia è di fatto un diritto negato, tanto che anche una rilevante quota di persone guarite convive con disabilità più o meno gravi che impediscono loro il ritorno a una vita produttiva e che le costringono a ricorrere al sostegno assistenziale e previdenziale riconosciuto alle persone invalide ed inabili da INPS e da enti e casse previdenziali.  Per dare risposta a questa grave mancanza, già dal 2015, AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), in collaborazione con tutte le società scientifiche, hanno prodotto un documento di consenso (“Dalla pratica del follow up alla cultura di survivorship care”) per orientare i comportamenti dei clinici, migliorare la qualità degli interventi e ridurre gli sprechi.

Fondazione AIOM e FAVO, con tutte le altre associazioni di volontariato amiche, che hanno aderito al progetto sul “Diritto all’oblio”, proseguiranno unite nella realizzazione delle necessarie iniziative, oltre che sul piano normativo e legislativo, per assicurare la migliore qualità di vita ai malati di cancro e alle persone guarite.
Ciò potrà avvenire attraverso l’accesso gratuito alla riabilitazione oncologica che potrà essere assicurata dal SSN solo a seguito del suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

In tal modo, le persone portatrici di disabilità potranno recuperare le condizioni per il ritorno a una vita normale e fruire del diritto all’oblio. Infine Fondazione AIOM e FAVO sono impegnate a promuovere con immediatezza iniziative per assicurare l’accesso alla nuova smart card del sopravvissuto al cancro, prevista dal Piano oncologico europeo.
Insomma con il voto unanime della Camera si è aperta la strada veloce per avere anche noi al più presto la legge sul diritto all’oblio, ma nel contempo abbiamo bisogno che il Governo non dimentichi di potenziare la riabilitazione oncologica, considerandola un LEA per tutti i cittadini.

Grazia Labate

Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità