Ricorre, domani, 19 maggio, il cinquantesimo anniversario della legge 151 che costituisce una pietra miliare nella lotta contro il “patriarcato”, per l’affermazione di una nuova cultura basata sul rispetto dei diritti di tutti.
Premessa
Ricorderei innanzitutto quanto il prof. Cesare Massimo Bianca(ordinario di Diritto di Famiglia presso la Sapienza) insegnava e scriveva nei suoi trattati: Il diritto deve adeguarsi alle istanze sociali e culturali, alle esigenze e ai cambiamenti di vita in atto in un contesto socio-economico in continuo cambiamento, ovvero deve proporre modifiche delle norme esistenti e rispondere in modo adeguato al rispetto dei diritti dei singoli armonizzandoli con i diritti relazionali e delle formazioni sociali. Questa concezione dinamica del diritto si può applicare alla struttura familiare che ha visto nel corso di meno di un secolo grandi trasformazioni, non più basata sull’autorità del pater familias, a partire dalla Costituzione quella che si è configurata dopo la seconda guerra mondiale è una “famiglia democratica” basata sulla solidarietà, su rapporti paritari tra uomo e donna , ma anche su un ruolo genitoriale più responsabile e più attento alle esigenze evolutive dei figli, alle loro capacità e inclinazioni, alle loro scelte. Nel contesto del microsistema familiare è sempre più necessario trasmettere la coerenza e l’essenza del diritto con l’essenza dei valori della persona, attraverso la applicazione delle norme vigenti in ogni specifica situazione e pronti ai cambiamenti evolutivi necessari, sempre tenendo conto della centralità dei valori della persona e delle sue relazioni nei vari contesti di appartenenza.
La Riforma del diritto di famiglia ha inciso profondamente nella vita di tutti i cittadini e nei rapporti tra i componenti il gruppo familiare nucleare e allargato. La legge 151 costituisce una pietra miliare nella lotta contro il “patriarcato”, per l’affermazione di una nuova cultura basata sul rispetto dei diritti di tutti. Innanzitutto vorrei sottolineare che è basata sulla attuazione della Costituzione Italiana a cominciare dall’art 3:“tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge”. La nuova cultura è quella di una famiglia democratica in cui ogni singolo componente ha diritti e doveri che devono essere rispettati e salvaguardati. Nilde Iotti nella sua relazione sulla famiglia alla Sottocommissione dei 75, riuscì a trovare una sintesi tra il rispetto dei diritti dei singoli e il senso della formazione del nucleo familiare. Così scriveva: “Nella vecchia legislazione e nel vecchio costume del nostro paese, la famiglia ha mantenuto sinora una fisionomia che si può definire antidemocratica. In particolare le condizioni arretrate della donna, la pongono in uno stato di inferiorità, rendendo per essa la vita familiare un peso e non fonte di gioia e aiuto per lo sviluppo della propria persona”..…..”la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti i campi della vita sociale e restituita ad una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di cittadina”.
Nel testo della legge di Riforma del diritto di famiglia, innanzitutto viene ribadita con forza l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, i doveri e diritti dei genitori verso i figli, la tutela giuridica e sociale dei figli nati fuori dal matrimonio(vedi art. 30 della Costituzione) definiti fino ad allora illegittimi e da allora fino al 2012 “naturali”. Per quanto riguarda i diritti dei figli l’iter è stato completato con la legge 219 del 2012 sulla filiazione, elaborata dalla Commissione presieduta dal prof. Bianca.
Fino al 1975, erano in vigore le norme del codice civile del 1942( codice Rocco) basato su un modello autoritario e gerarchico della famiglia: ad esempio il marito era definito il capo della famiglia, decideva sull’indirizzo educativo dei figli e la moglie doveva accompagnarlo dovunque egli decideva di fissare la residenza. Un piccolo passo era stato già compiuto nel 1956 quando fu abolito lo jus corrigendi (art 571 C.P) basato sul principio paternalistico relativo alla considerazione che, poiché la donna è debole, il marito ha il dovere/diritto di “correggerla” anche con la forza. Lo stesso dovere/diritto valeva anche nei confronti dei figli. Dal 1996 non si parlò più di abuso dei mezzi di correzione,ma di violenza familiare.
Ricordiamo in particolare che dal 1970 era stata approvata la legge sullo scioglimento della unione coniugale, legge sul divorzio, riconfermata dal referendum del 1974 ed era sempre più necessario coordinare le esigenze di cambiamento della struttura familiare con i principi costituzionali. Sono gli anni in cui abbiamo un lungo e complesso impegno delle associazioni femminili e femministe in dialogo con le donne dei partiti di sinistra e di centro. Ricordiamo in particolare,oltre a Nilde Iotti, Franca Falcucci, Maria Eletta Martini,Giglia Tedesco capaci di armonizzare la legge 151 con gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione.
Nella legge del 1975 si stabilisce che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. Nel codice del 1942 era prevista la potestà maritale in quanto il marito è capo della famiglia e la moglie obbligata ad accompagnarlo dovunque egli creda opportuno di fissare la sua residenza. Nelle norme del 1975: ognuno dei due coniugi ha il domicilio nel luogo in cui ha la sede principale dei propri affari o interessi, il figlio ha domicilio con il genitore con cui convive prevalentemente. Viene integrata la normativa sul divorzio per cui il matrimonio è impugnabile se uno o entrambi presentano incapacità di intendere e volere, se sono stati interdetti, se il consenso è stato estorto con la violenza o per errore sulla identità della persona per malattia fisica/psichica…o per sentenza di condanna per delitto non colposo non inferiore a 5 anni.
Art. 25, 26, 27 legge 151. La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito( fino ad allora sostituiva), i coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza secondo le esigenze di entrambi e della famiglia. Art 29 i genitori debbono educare i figli tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. Ciascuno dei due ha il potere di attuare l’indirizzo concordato, in caso di disaccordo può essere chiesto l’intervento del giudice che adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione più adeguata. Viene abolito l’istituto della dote in quanto entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alle proprie capacità di lavoro(professionale o casalingo) a contribuire ai bisogni della famiglia.
Di fatto cambia la struttura interna della famiglia riconoscendo la completa parità tra uomo e donna e rafforzando la tutela giuridica dei figli, anche di quelli nati fuori dal matrimonio. Per ribadire la parità tra uomo e donna nell’ambito della struttura familiare,nel 2006 viene promulgata la legge n. 54 che,in caso di separazione tra i genitori, stabilisce come prioritario il regime di affido condiviso per valorizzare l’impegno di entrambi i genitori in caso di cessazione della convivenza. Un ulteriore passo in avanti si ha con la legge 219 del 2012 che sostituisce il concetto di potestà genitoriale con il concetto di responsabilità genitoriale e con l’abolizione della discriminazione tra figli legittimi e figli “naturali” come erano stati definiti nel 1975 i figli nati fuori dal matrimonio. La legge n. 219/2012(pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012) sancisce l’unicità dello stato giuridico di figlio. D’ora in poi, tutti i figli avranno gli stessi diritti a prescindere dalle condizioni in cui è avvenuta la nascita, all’interno del matrimonio o fuori di esso.
In questo modo il diritto pone attenzione al numero crescente ( in assoluto e in percentuale) delle coppie che non sanciscono col matrimonio la loro unione, ovvero alle coppie di fatto e apre ulteriori problematiche per i figli nati in situazioni particolari. Anche in questa legge il diritto cerca di normare le “nuove famiglie” tutelando soprattutto i diritti dei figli. Sia negli articoli del codice civile che negli articoli del codice penale si parlerà di figli senza specificare se nati da genitori coniugati, da genitori non coniugati o da single. Sempre per tutelare i minori vengono estesi gli effetti del riconoscimento anche ai rapporti affettivi e patrimoniali con gli ascendenti e i parenti in generale; mentre fino ad allora il figlio aveva rapporti giuridici, ovvero diritti e doveri solo verso i genitori e non verso i componenti della famiglia prossimi come nonni e zii. Vengono cioè riconosciuti non solo i rapporti affettivi, ma anche i diritti successori in base alla nozione di parentela,ovvero del vincolo tra persone che discendono dallo stipite di entrambi i genitori e quindi i diritti del minore ad essere assistito moralmente ed affettivamente, al mantenimento, all’ educazione, all’ istruzione, alla successione, alle donazioni.
Con la legge 219, nota come riforma della filiazione si viene finalmente a completare il difficile percorso legislativo che valorizza la famiglia basata sugli affetti.
Rendere concrete le considerazioni sui diritti, ribaditi negli articoli 2,3, 29,30 e 31della Costituzione articoli che riconoscono i diritti inviolabili e la pari dignità sociale di tutti i cittadini, la piena parità di diritti e doveri tra uomo e donna e i diritti/doveri tra genitori e figli. Negli anni successivi al dettato costituzionale sono stati affrontati i problemi relativi alla attuazione di quei principi utilizzando i portati delle ricerche sociologiche sui cambiamenti nel corso degli anni relativi alla famiglia: formazione sociale “naturale” ma condizionata da molteplici fattori e in continua trasformazione e alla intersezione di elementi di trasformazione culturale, economica, politica. Le leggi che riguardano la famiglia o meglio che presentano particolare attenzione ai bisogni e alle esigenze dei suoi componenti visti non solo come singoli individui ma soprattutto come microsistema basato su modalità relazionali in continua evoluzione.
La “famiglia è un’importante crocevia di altri fenomeni da analizzare e integrare” :“ i modelli storico-sociali di genere, i rapporti tra generazioni, la attenzione alle condizioni dell’infanzia. Il discorso pubblico sulla famiglia è spesso intessuto di conflitti ideologici, ambiguità ed equivoci. L’invecchiamento delle parentele ha trasformato i rapporti tra le generazioni. Separazioni e divorzi hanno modificato le famiglie e i confini tra le famiglie:parliamo di famiglie separate, famiglie nucleari, famiglie monogenitoriali, famiglie allargate, famiglie ricostituite, famiglia monogamiche. Abbiamo un’evidenza crescente delle famiglie basate su unioni civili secondo varie declinazioni: famiglie omofile( normate dalla legge Cirinnà del 2016) e dalle famiglie queer: comunità di persone che, indipendentemente dal genere di appartenenza o dall’orientamento sessuale,vivono insieme per scelta o sono legate da affinità affettive, sentimentali e dalla condivisione di attività.
Marisa Malagoli Togliatti