“Sotto Padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana”, recensione di Vaifra Palanca

Oggetto dell’analisi di Marco Omizzolo è la comunità indiana dell’Agro pontino (Latina e d’intorni) impiegata nell’agricoltura, un’agricoltura intensiva nelle serre e all’aperto, che produce prevalentemente ortaggi e frutta, con due, tre raccolti all’anno. E’ una comunità sikh, molto unita e coesa, che si riconosce nella comune area di provenienza (Punjab).


In tempi di covid-19 si sente dire che, nonostante le restrizioni ai movimenti delle persone, non ci saranno problemi per gli approvvigionamenti di derrate alimentari. Dobbiamo essere tranquilli perché tutti i giorni arriveranno nei supermercati frutta, verdure, pane, carne e altri beni di prima necessità. Contemporaneamente passano davanti ai nostri occhi le immagini di braccianti, quasi tutti stranieri, che per pochi euro e sopportando condizioni di vita malsane e disumane, raccolgono fragole, zucchine, pomodori, arance che allietano le nostre tavole. Sono loro quindi che ci assicurano il mantenimento di un’alimentazione sana mentre restiamo al sicuro nelle nostre case ma, probabilmente, loro non sono nelle condizioni né hanno i mezzi neppure per difendersi dal covid-19.

E’ questa una contraddizione con la quale si convive da sempre, che attraversa tutta la filiera agroalimentare, che in momenti di difficoltà diventa ancora più evidente perché si allarga la disuguaglianza tra chi ha diritti e chi non ne ha. Ci sono persone che possono mantenere il proprio tenore di vita e il proprio regime alimentare mentre altre che non hanno accesso neppure alle più elementari forme di tutela della propria salute, della propria vita.

Per capire a fondo questa problematica bisogna leggere il libro del sociologo Marco Omizzolo, Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana, che per l’attività svolta, di cui parla nel libro, è stato nominato Cavaliere della Repubblica italiana. E’ un libro importante che, con una metodologia di indagine sociologica rigorosa e partecipata, ci porta a conoscere la vita dei braccianti agricoli, i meccanismi di asservimento e di sfruttamento, la cultura e le logiche padronali, gli interessi delle agromafie, ma anche le possibilità di riscatto attraverso la lotta, l’unità e il coraggio dei lavoratori.

Oggetto dell’analisi di Marco Omizzolo è la comunità indiana dell’Agro pontino (Latina e d’intorni) impiegata nell’agricoltura, un’agricoltura intensiva nelle serre e all’aperto, che produce prevalentemente ortaggi e frutta, con due, tre raccolti all’anno. E’ una comunità sikh, molto unita e coesa, che si riconosce nella comune area di provenienza (Punjab) e in una religione-cultura che si basa sull’accettazione della volontà divina e la convivenza pacifica. Conta ufficialmente 11 mila persone ma potrebbero essere anche il doppio, nascoste nelle campagne, dietro le serre, sparse nei vari borghi dell’Agro pontino, che attraversano per andare al lavoro con le loro biciclette senza fanali e i turbanti colorati.

Ma, come evidenziato nel libro, le condizioni dei lavoratori in agricoltura sono simili su tutto il territorio nazionale, pertanto l’approfondimento, cui è dedicata una parte del lavoro, ha valore per tutto il settore. Paghe irrisorie quando non rubate, orari impossibili tutti i giorni della settimana e per tutto l’anno, insulti e violenze anche sulle donne, uso di prodotti nocivi senza alcuna protezione, paura, dolori, malattie contrastati con sostanze dopanti che levano la fame e la stanchezza.

E’ invece un’esperienza unica di aggregazione, di maturazione di una coscienza di “classe” e di rivendicazione dei diritti dei lavoratori quella vissuta dalla comunità sikh dell’Agro pontino di cui Omizzolo parla estesamente e non senza emozione.

Il libro è il resoconto di una ricerca azione che ha inciso sulla realtà locale, perché oltre alla rilevazione delle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti sikh, ha tracciato un percorso che ha fatto intravedere loro una via di uscita dalla situazione di moderna schiavitù nella quale vivevano. Copre un arco di tempo di circa 10 anni, durante i quali Marco Omizzolo ha parlato con i braccianti, frequentato le loro famiglie e i centri di aggregazione, in particolare il tempio sikh di Sabaudia e Borgo Hermada, ha lavorato con loro nei campi fingendosi bracciante agli occhi del padrone, è andato con loro in Punjab per conoscere la loro cultura e la loro religiosità, si è scontrato con i padroni, ha subito intimidazioni e minacce.

Tutto ciò ce lo restituisce attraverso storie di vita, nomi, volti, luoghi e situazioni che fanno emergere le dinamiche della sopraffazione, del ricatto e della sottomissione vigenti nei campi, ma anche la progressiva presa di coscienza di una comunità intera della propria condizione di vita e di lavoro oltre che della consapevolezza di avere nelle proprie mani la forza per cambiare le cose. Ci fa assistere ad un lento processo di cambiamento, non frutto di un colpo di testa o di uno slancio rivoluzionario, ma quale risultato di una strategia, di un lavoro di ascolto e di relazioni, volto a liberare i lavoratori dalla paura, a far scoprire loro la dignità del lavoro, a restituire loro fiducia nelle proprie azioni e il coraggio per difendere i propri diritti.

Processo di cambiamento, spiega Omizzolo, che ha avuto una prima fase nella quale è stato messo in discussione un leader della comunità, temuto ma rispettato, colluso con il sistema di potere dei padroni locali mentre contemporaneamente cresceva la leadership di un immigrato che tuttora vive a Borgo Hermada, profondamente coinvolto nella causa, Gurmukh Singh, che ha saputo ascoltare, guidare e sostenere i suoi compagni fino allo sciopero. A ciò ha contribuito anche l’apertura di uno sportello dell’associazione In Migrazione a Bella Farnia, località densamente popolata da indiani, che ha fornito, per un periodo, consulenza legale, corsi di italiano, ma soprattutto ha offerto un luogo, frequentato anche dalle donne, dove incontrarsi e parlarsi lontano dagli occhi dei padroni.

Fondamentale è stata inoltre la stretta alleanza con la Flai-CGIL territoriale e nazionale che ha sostenuto i braccianti nelle loro rivendicazioni, ed anche con le istituzioni locali, quindi Questura, Prefettura, Procura che hanno ascoltato, protetto, accolto le denunce e condannato imprenditori locali per violazione della legislazione del lavoro, induzione in schiavitù, mafia. Le denunce dei sikh sono arrivate anche in Parlamento e hanno dato un fondamento all’approvazione della legge 199/2016 contro lo sfruttamento lavorativo.

Una storia di riscatto di una comunità quindi che ha la sua affermazione il 18 aprile 2016. Un giorno importante, il punto di arrivo di anni di anni di sofferenze, paure, discussioni e denunce: i braccianti indiani, con l’appoggio della FLAI-CGIL, hanno proclamato uno sciopero per la loro liberà e i loro diritti. Sono scesi in piazza a Latina, di fronte alla Prefettura, in quattromila, lavoratori, braccianti agricoli, che sapevano di rischiare ritorsioni, violenze e licenziamenti, ma che si sentivano pronti, forti, e probabilmente sostenuti anche dalle istituzioni, a difendere a tutti i costi i loro diritti.

Da quel momento qualcosa è cambiato in favore dei lavoratori ma, sottolinea Omizzolo, la reazione dei padroni, pronti a sfruttare chi è più debole e meno informato, è stata ed è tuttora, subdola e violenta. Ci sono stati infatti licenziamenti e, in alcuni casi, la sostituzione dei lavoratori indiani con lavoratori stranieri, prevalentemente africani, non organizzati, strumentalizzati, costretti ad accettare condizioni salariali e di lavoro che i lavoratori indiani pensavano di aver sconfitto.
In questi giorni la Ministra delle politiche agricole, alimentari e forestali, Teresa Bellanova, ha lanciato un allarme: se non arrivano gli stranieri non ci sarà più manodopera nella buona stagione per la raccolta della frutta e della verdura.

E ha ventilato la proposta, subito raccolta da associazioni di categoria, parlamentari, organizzazioni sindacali e del volontariato, di regolarizzare gli stranieri presenti sul territorio senza documenti, in difesa sì dell’economia, ma soprattutto dei diritti, della legalità e della salute di tutti. Una mano tesa al settore agroalimentare e ai lavoratori dell’agricoltura, ma anche al contrasto delle agromafie e del traffico di esseri umani per sfruttamento sul lavoro.

Marco Omizzolo

Sotto Padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2019

Recensione di Vaifra Palanca

18 aprile 2020