Ottavia Penna Buscemi

di Maria Teresa Morelli


Ottavia Penna nasce a Caltagirone il 12 aprile 1907 dal barone Francesco Penna originario di Scicli e dalla duchessa Ignazia (Ines) Crescimanno di Caltagirone. Il nonno paterno, Guglielmo, era stato deputato liberale nel collegio di Modica nel corso della XIX (10 giugno 1895-2 marzo 1897) e XX legislatura del Regno d’Italia (5 aprile 1897-17 maggio 1900).

Terzogenita di cinque figlie: Carolina, Mimì, Ottavia, Guglielmina e Gaetanella; dopo i primi insegnamenti ricevuti, come di consuetudine nelle famiglie aristocratiche, dalle istitutrici di casa, Ottavia prosegue gli studi nei collegi di Poggio Imperiale in Toscana e di Trinità dei Monti a Roma. Nel 1933 sposa Filippo Buscemi, originario di Niscemi, direttore sanitario del convalescenziario di Santo Pietro e poi dell’ospedale di Caltagirone, dove, successivamente, ricoprirà l’incarico di primario del reparto di ostetricia e ginecologia. Nel 1946, quando viene eletta all’Assemblea costituente, Ottavia ha tre figlie: Maricò, di undici anni, Ines, di dieci e Cristina di nove. (M.T.A. Morelli, Le donne della Costituente, Laterza, Roma-Bari, 2007).

Appassionate le sue parole in occasione di un comizio elettorale tenuto a Caltagirone nel giugno 1946: «È una donna italiana e qualunque che oggi ha la gioia di poter far giungere la sua parola a tutte le sue sorelle, la sua parola di fede, di fratellanza, di pace, d’amore cristiano. Donne, da voi non poco la Patria aspetta [...]. Alla già grande responsabilità della famiglia e dei figli si aggiunge oggi quella del voto per la costituente, responsabilità tanto più grande perché si tratta di rifare le leggi che dovranno governarci per anni e forse per secoli [...]. Ma dato che anche a noi donne è stato riconosciuto il diritto di collaborare per la rinascita della nostra Patria, penso che per noi sia invece un dovere, un grande dovere di coscienza, dal quale nessuno può esimersi e che ognuno deve compiere nel campo delle proprie possibilità. Il campo d’azione è vasto e c’è lavoro per tutte [...] leggi giuste, lealtà di principi, onestà di azione, ecco ciò che ognuno di noi deve fortemente desiderare per sé e per gli altri, ecco quale deve essere il proposito d’ogni buon Qualunquista per il bene della nostra Patria» (C. Alario, Ottavia Penna madre costituente. Storia di una singolare esperienza di vita, S. Di Pasquale, Caltagirone, 2009, pp. 44 ss. e pp. 75 ss.).

Spirito anticonformista, rivendica la parità dei diritti e l’emancipazione delle donne e contrasta i poteri forti, lontani, a suo dire, dalle reali esigenze dei cittadini, soprattutto delle classi più disagiate.

Unica parlamentare della propria città e del Partito di Guglielmo Giannini, Ottavia Penna eletta alla Costituente nella lista del Fronte dell’Uomo Qualunque, nel XXIX collegio elettorale (Catania-Messina-Siracus-Ragusa-Enna), ottiene 11.765 voti di preferenza; davvero un importante successo se paragonato ai 14.773 del concittadino Carmelo Caristia, candidato illustre della Democrazia cristiana. Iscritta al gruppo parlamentare del Fronte liberale democratico dell’Uomo Qualunque dal 6 luglio 1946, Ottavia Penna fa parte della Commissione per la Costituzione – cosiddetta Commissione dei 75 alla quale l’Assemblea costituente aveva demandato la stesura del progetto di Costituzione – per soli sei giorni, dal 19 al 24 luglio 1946. Dopo le sue dimissioni viene sostituita da Gennaro Patricolo, appartenente al gruppo Misto, ma di provenienza del Fronte dell’Uomo Qualunque (S. Setta, L’uomo qualunque, 1944-1948, Laterza, Roma-Bari, 1975).

Ottavia Penna non interviene in Assemblea, né presenta interrogazioni, pur partecipando ai lavori della Costituente in seduta plenaria da marzo a dicembre 1947. Nell’ambito della discussione sul Titolo VI del progetto di Costituzione, relativo alle garanzie costituzionali, nella seduta pomeridiana del 3 dicembre 1947, insieme a Lucifero, Tumminelli e altri, la Penna – nonostante il parere contrario di Guglielmo Giannini – è favorevole alla votazione a scrutinio segreto, a tutela delle libertà democratiche del Parlamento italiano, in merito alla soppressione dell’art. 131 – art. 139 del testo definitivo – che sottraeva alla revisione costituzionale la forma repubblicana. L’articolo viene approvato con 274 voti favorevoli e 77 contrari stabilendo, in tal modo, che «la forma repubblicana è definitiva per l’Italia e non può essere oggetto di revisione costituzionale».

Nell’ambito della discussione sull’autonomia dell’ordine giudiziario dai poteri rappresentativi, Ottavia Penna vota il progetto presentato da Gennaro Patricolo, il 22 novembre 1947, con il quale si intendeva riunire la magistratura requirente e giudicante, ma anche la polizia giudiziaria e gli istituti di prevenzione e di pena, come organi del potere giudiziario, che in tal modo si sarebbe affrancato dall’influenza politica. L’emendamento viene respinto a larga maggioranza.

Schiva, ma al tempo stesso combattiva, determinata e intransigente, poco incline al sodalizio con le colleghe, la costituente calatina viene descritta dalla democristiana Angela Gotelli come «una distinta signora con cui c’erano rapporti cortesi ma che non fece mai gruppo con noi» (Le donne e la Costituzione. Atti del Convegno promosso dall’Associazione degli ex-parlamentari, Roma 22-23 marzo 1988, Camera dei deputati, 1989, p. 10). Subisce l’ostracismo da parte delle altre parlamentari fino ad essere esclusa dai ricevimenti pubblici appellata come ‘qualunquista’, come ricorda Vittorio Gorresio («Echi della Stampa», 30 luglio 1946): «è la sola donna deputata che è stata esclusa dal ricevimento, offerto dall’UDI alle onorevoli parlamentari».

Ottavia Penna per la sua adesione al Partito di Giannini si attira, ben presto, l’ostilità delle autorità ecclesiastiche e dei democristiani calatini che arrivano persino a minacciare, naturalmente senza esito, di impedire con la forza un suo comizio. È anche la prima e unica donna ad essere candidata alle elezioni del Capo provvisorio dello Stato, risultando terza, con 32 voti, dopo Enrico De Nicola e Cipriano Facchinetti.

«Molto commentati i voti che escono dall’urna in favore della deputata qualunquista siciliana Ottavia Buscemi Penna. Guglielmo Giannini, con la sigaretta spenta tra le labbra, rientra nell’aula e salito al banco dove siede la candidata s’inchina a baciare la mano della signora, che il gruppo per una singolare affermazione di qualunquismo ha voluto designare alla suprema direzione dello Stato» (cit. in P. Gabrielli, Il primo voto. Elettrici ed elette, Castelvecchi, Roma, 2016, p. 145).

La candidatura della Penna viene considerata, da molti, una provocazione in quanto è una monarchica in corsa per la presidenza della Repubblica; d’altra parte lei non fa mistero della sua fede politica e durante le sedute parlamentari porta appuntato al petto il nodo sabaudo con corona, ed è restia ad alzarsi in piedi quando la Costituente fa un’ovazione al presidente De Nicola.

L’anno successivo alla sua elezione entra in forte contrasto con il fondatore del Fronte dell’Uomo Qualunque, del quale aveva apprezzato soprattutto l’iniziale agnosticismo istituzionale, progressivamente abbandonato per accogliere il principio repubblicano. Ottavia Penna non si riconosce più con le scelte di Giannini e si dimette, aderendo, il 15 novembre 1947, al gruppo parlamentare dell’Unione Nazionale.

Resta una monarchica convinta sino a sfidare le forze dell’ordine, nel corso di un comizio per le elezioni del 1948, collocando lo scudo monarchico nella banda bianca del tricolore e, indignata, scrive una lettera al ministro dell’Interno, Mario Scelba, rivendicando il proprio diritto a esporre nei comizi successivi l’emblema monarchico (E. Pelleriti, Siciliane. Dizionario biografico, Romeo Editore, Siracusa, 2006). Ricopre l’incarico di Ispettrice regionale del Movimento Femminile del Partito nazionale monarchico.

Ottavia Penna candidatasi, nel 1953, alle elezioni amministrative nella sua città natale, risulta eletta nelle fila del partito monarchico e va a ricoprire la carica di consigliere comunale, mentre la sorella Carolina, di fede democristiana, vicina all’Azione Cattolica e al Partito popolare di Don Sturzo, ricoprirà la carica di Sindaco di Caltagirone dal giugno 1956 al febbraio 1957.

La vocazione umanitaria di Ottavia non viene mai meno neanche dopo aver lasciato l’attività parlamentare. Infatti, ad un telegramma inviatale dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi (6 gennaio 1948), in cui la interpella in merito ai provvedimenti urgenti da prendere quell’inverno a favore dei disoccupati siciliani, Ottavia Penna in una lettera – datata 9 gennaio 1948 – assicura a De Gasperi tutto il suo appoggio suggerendo, allo stesso tempo, proposte molto dettagliate per la distribuzione razionale dei sostegni, contro eventuali speculazioni locali. Suggerisce di avviare un piano di ricostruzione delle abitazioni distrutte dalla guerra, delle strade, delle scuole rurali e cittadine; propone di dar vita a case di ricovero per i bambini abbandonati e di provvedere alle necessità degli ospedali e delle carceri. Ottavia Penna ritiene che non sia opportuno limitarsi a offrire aiuti economici perché «non essendo mai adeguati ai bisogni innumerevoli di chi li riceve finiscono col sembrare un’elemosina e, per chi ha veramente voglia di lavorare, ciò è umiliante [...] ogni Provincia raccolga i fondi per conto proprio e li destini a quei lavori più necessari per il benessere collettivo e più adatti alle proprie categorie di disoccupati» (C. Alario, Ottavia Penna, cit., pp. 70-71).

Donna di grande temperamento e di grande umanità, per tutta la sua vita si dedica ai più bisognosi; fonda a Caltagirone, insieme a padre Quinci, un’associazione di assistenza chiamata «La Città dei Ragazzi», dove si attivano laboratori di falegnameria, una tipografia, ci si dedica all’agricoltura e si conia persino una moneta attraverso la quale si organizza la vita economica della struttura.

Ritiratasi dalla scena politica, Ottavia trascorre gli ultimi anni della sua vita nel più assoluto riserbo, nel palazzo nobiliare della sua città. Muore a Caltagirone il 2 dicembre 1986 all’età di 79 anni.

Ottavia Penna Buscemi è stata dunque un’antesignana dell’impegno femminile in una realtà come quella isolana, che «in quel tempo continuava a riservare lo svolgimento dell’attività politica e sociale esclusivamente agli uomini, relegando ogni donna o in una crepuscolare dimensione familiare, o, nella migliore delle ipotesi, ad una condizione di attivismo sociale ‘sanvincenziano’. In questo caso riservato a quelle donne che provenivano prevalentemente dai ceti nobiliari o dalla borghesia benestante» (E. Nicoletti, Premessa a C. Alario, Ottavia Penna, cit., p. 11).

Nel maggio del 2008 viene costituita, a Caltagirone, l’Associazione “Ottavia Penna” presieduta da Concetta Alario; socia onoraria è Cristina Buscemi figlia della Costituente calatina. L’attenzione dell’Associazione, come dichiara lo Statuto, è rivolta a tutelare i diritti «delle donne e dei bambini nelle situazioni di disagio, di violenza e di emarginazione attraverso la reale promozione e integrazione sociale e lavorativa, la diffusione della cultura di parità di genere, l’affermazione delle donne nella politica e nelle istituzioni». Altresì, obiettivo dell’Associazione è quello di diffondere, soprattutto tra le nuove generazioni, il pensiero di Ottavia Penna.
 

12 settembre 2016