Carla Voltolina Pertini. Quando disse: “Se ti fanno presidente vado a Nizza”

Era la vigilia della possibile elezione a Capo dello Stato di Sandro Pertini e Carla Voltolina (prese il nome del marito solo dopo la morte di Pertini) lo fece sul serio. “Non ho nessuna intenzione di seguirlo al Quirinale bardata come una Madonna”, diceva. E tenne fede a questo stile tutta la vita: agli ospiti che passavano nei suoi trentacinque mq di casa a Fontana di Trevi, mostrava  dalla finestrella del bagno il palazzo presidenziale: “Il mio rapporto  con il Quirinale sarà così, da lontano”. 


“Io amavo il mare, lui la montagna” questo il titolo del libro  (arcipelago edizioni,  2015,pp.172) che la Fondazione  Sandro Pertini  ha dedicato al ritratto di Carla Voltolina, moglie del Presidente più amato dagli italiani. E si chiede scusa per queste   righe di spiegazione  poiché esse in sé contengono la negazione dell'intento originario del libro, ossia  fare il ritratto di  una persona, una donna,  prima che  di una moglie e la  moglie di.  La foto in copertina mostra una giovane alta bella elegante ed intensa nell'atto di camminare composta. E' Carla ventiquattrenne nel  gennaio del 1945. Nel pieno dell'attività clandestina. Già dal suo aspetto, dal modo in cui indossa la sciarpa, dalle scarpe, dalla determinazione del suo volto, si intuisce una modernità di pensiero, di comportamento.   E' nata a Torino il 14 giugno 1921 da Luigi, originario di Chioggia, ufficiale dell'Esercito; astigiana la madre, Rosa Barberis. Allo scoppio della guerra il padre, in procinto di partire per l'Africa, affida a lei, che ha due sorelle di qualche anno più grandi,  la cura della madre e del fratellino Umberto, che sta per nascere. Confida evidentemente nelle capacità della ragazza di governare quella piccola barca, anche se quella benedetta figliola  è, sì, una valente nuotatrice della squadra allieve della Juventus, ma ha interrotto gli studi di ragioneria.    E' una ragazza di carattere, ovvero una dolce  cattiva ragazza. Dopo l'8 settembre  entra nella Resistenza , nelle brigate Matteotti. Nessun obbligo militare costringeva Carla e le donne ad andare in montagna, ad entrare in clandestinità. Fu una libera scelta. Diventa staffetta partigiana prima a Torino e poi nelle Marche dove combatte nella formazione di Pietro Capuzi. Durante il rastrellamento del 2 aprile 1944, viene arrestata dalle SS. Un compagno arrestato e torturato fa il suo nome, Carla è dunque destinata alla fucilazione, ma non riesce a odiare quel compagno.    Anzi non dimentica lo sguardo  di lui perso, annegato nella vergogna, mortificato, e ne prova pietà. Lei, grazie alla complicità di un medico, riesce ad evadere  e a raggiungere Roma dove, con Eugenio Colorni,  lavora nella redazione della stampa socialista clandestina. Sono racconti scarni, antiretorici e antieroici, quelli   che Carla consegna ai familiari “Non ha raccontato granché” dice la nipote. Figuriamoci se raccontava qualcosa alla carta stampata. Alla nipote però parla di Colorni, caduto in combattimento: “un capo coraggioso, modesto, buono, un esempio per noi giovani della prima formazione partigiana Matteotti”. Carla si sente dentro il grande flusso  delle donne che fanno il loro ingresso nella politica italiana  quando nel novembre del 1943, a Milano, si costituiscono i  Gruppi di difesa della donna.    I Gruppi di difesa non si proponevano come obiettivo la sola cacciata del tedesco invasore, ma avevano lo sguardo rivolto a governare, a porre temi più specificamente legati alla condizione femminile e a farli diventare qualificanti nella vita quotidiana del Paese.  Nell'agosto del 1944, a Milano,  i Gruppi di Difesa, a meno di un anno dalla loro fondazione, erano  diventati una sessantina, per arrivare a 116 nel novembre  con  2300  aderenti.    Nel loro programma, i Gruppi   stabilivano  compiti e  obiettivi da raggiungere quali  l'aumento delle razioni alimentari, del combustibile, i vestiti, l'assistenza alle famiglie dei partigiani, dei carcerati, degli internati in Germania. Un salario eguale fra uomini e donne. Un programma che le Costituenti, distribuite variamente nelle Sottocommissioni si impegnano a far diventare proprio dalla nuova Repubblica. Un cammino difficile,” non solo per gli ostacoli di natura esterna, ma anche per l'insicurezza e la remissività di molte”.    L'8 marzo del 1944 le donne e i loro Gruppi di difesa  diedero prova di capacità organizzativa  con  scioperi e sabotaggi alla produzione bellica, ad aprile organizzarono, a Milano,  una protesta contro il caro vita, scontrandosi con i militi  della Muti.  Carla è con loro. Intanto ha  ripreso gli studi, superando  tutti gli esami per l'ammissione all'Università Bocconi. Ma certo non ama  la matematica.    Intanto arriva dalla Francia un capo partigiano,  ligure asciutto e severo, esule in Francia, che aveva conosciuto carceri e confino, una figura importante, Sandro Pertini. Un uomo che aveva sgridato la propria madre per aver inoltrato - preoccupata per la salute del figlio resa cagionevole dalla galera - domanda di  grazia.    “Perché mamma, - aveva scritto Pertini -  perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna - quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l'amore, che io sento per la mia idea?”.    Un uomo così determinato non poteva che essere colpito dalla tenacia e dalla forza di quella splendida ragazza che riconosce di dovere la propria incolumità alle 'portinaie'  dei palazzi in cui si rifugiava. Carla  ascoltava le sue lezioni alla Bocconi e dava prova di attaccamento alla libertà con una forza pari alla sua. Il 25 aprile 1945  essi  salutano insieme la Liberazione. Tra loro c'è una grande differenza di età, 25 lei, 48 lui. L'8 giugno 1946, Carla e Sandro si sposano a Roma.    I coniugi Pertini dormono su una brandina  nei locali della redazione di  Lavoro Nuovo, di cui Sandro è direttore dal 1947 al 1968.   Carla, alla quale gli studi di matematica stavano stretti, si dà al giornalismo. Collabora con Noi donne, il giornale dei Gruppi di Difesa e poi dell'UDI, curando grandi inchieste  sugli ultimi :il mondo carcerario, gli anziani e coraggiosamente  le prostitute. In  collaborazione con Lina Merlin, e assumendo il cognome della madre 'Barberis', dà alle stampe, nel 1955,  Lettere dalle case chiuse.    Porta a termine gli studi  e nel 1972,  con una tesi sul ricovero degli anziani,   si laurea  in scienze politiche  presso l'Istituto Cesare Alfieri di Firenze, dove anche Sandro aveva preso, nel 1924 la laurea. Cinque anni  dopo prende una seconda laurea in psicologia  a Torino, con una tesi sulla situazione operaia nelle fabbriche, con particolare attenzione ai casi di inquinamento chimico e ambientale.  Cosa muove l'interesse di Carla? Aprire la scatola   nera nella irrazionalità degli emarginati, i tossicodipendenti, gli alcolisti, ed anche della natura violata.    A Roma fa la pratica di volontariato presso il servizio psichiatrico dell'ospedale Forlanini e, a partire dal 1978, come psicologa al Gemelli  presso il servizio alcolisti e tossicodipendenti  ed anche presso il servizio Diagnosi e cura psichiatrica di Santa maria Nuova a Firenze. Un amore molto forte la lega a Sandro Pertini.  “Carla - dice Sandro -  è stata la mia unica fonte di serenità ma all'inizio io pensavo che lei fosse troppo giovane, temevo un fallimento matrimoniale”.    Lei dirà: “Lui mi ha amato molto , ma io di più”.  Fa parte di questo legame strettissimo, l'amore che ciascuno dei due ha per la libertà, per  la ricerca della consapevolezza di sé ,del proprio peso specifico nella società. “Sandro me lo disse subito: la mia fede politica viene prima di tutto. E io questa scelta di vita l'ho condivisa al suo fianco”. Una vita vissuta nell'assoluta coerenza tra pubblico e privato. Nel 1964  Sandro è eletto alla Camera dei Deputati  e nel 1978 dopo Giovanni Leone  viene eletto Presidente  con 832 voti su 995.     “Se ti eleggono Presidente me ne vado a Nizza”, avverte Carla con rude franchezza, perché se Pertini passa per un burbero,  Carla quanto a  schiettezza non è da meno. Pertini era già conosciuto per l'asciutto rigore  delle sue prese di posizione, e ne era consapevole: “So - disse  il Presidente - che il mio modo di  fare può essere irritante. Per esempio, poco tempo fa mi sono rifiutato di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati. Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall'inflazione... voi date quest'esempio d'insensibilità? Io deploro l'iniziativa, ho detto”.    Carla  era altrettanto rigorosa, e l'elezione del suo Sandro a Presidente la trova a Nizza. “Non ho nessuna intenzione – dice - di seguirlo al Quirinale bardata come una Madonna”. Tenne fede a questo stile: agli ospiti che passavano nei suoi trentacinque mq di casa a Fontana di Trevi, mostrava  dalla finestrella del bagno il palazzo presidenziale: “il mio rapporto  con il Quirinale sarà così, da lontano”.    Come un compagno di base del marito. Oppure diceva ancora: “Il mio Quirinale è una stanza di ospedale con persone che soffrono”.   Era una donna all'avanguardia, e passava per stravagante, anche nell'abbigliamento. Se per strada qualcuno la fermava  o commentava “ Oh,  ma non è la signora Pertini?”,  lei rispondeva :   “No, le assomiglio  soltanto” ed era contenta quando qualcuno commentava:  “E' vero a vederla da vicino lei è molto più giovane”.    Pertini la sera torna a casa da Carla, non abita al Quirinale. Lei  lo scarrozza, insospettabilmente, per Roma a bordo di una Cinquecento rossa, chiamata affettuosamente la Peppa, perché Sandro non ha la patente. Lui si limita a fare il pieno e a brontolare  “ma questa cinquecento quanto consuma? Quanto ci costa?”.    Infaticabile, Carla nel 1987 si trasferisce a  Prato presso l'ambulatorio di Igiene mentale, sempre in incognito, non usando mai il cognome da sposata, ma soltanto Voltolina. Nel 1999 l'amministrazione di Prato, come riconoscimento del suo lavoro, le consegna le chiavi della città. Nel 2000 viene insignita,  dalla Repubblica di San Marino, dell'onorificenza di cavaliere di Gran Croce dell'Ordine equestre di Sant'Agata.     Quando Sandro muore, lei ne assume il cognome. Perché vuole che la memoria del suo compagno, della sua opera, delle sue convinzioni, della sua fermezza, resti.  Lei, muore nel 2005 a 86 anni, ha vissuto in modo schivo; la sua carica ironica non le consentiva di  sentirsi 'maestra' in alcun modo.    Invece lo era: di indipendenza e di fedeltà, di originalità e rispetto insieme. Forse non abbastanza ricordata.    Graziella Falconi  

02 giugno 2016