“Schlein riparta dal manifesto per il nuovo Pd, troppo dimenticato”, intervista a l’Unità di Livia Turco

«C’è scritto: noi crediamo che la forza di un paese stia nella forza dei suoi legami sociali. Questo per noi è il senso profondo della democrazia: un orizzonte di emancipazione e libertà»


Livia Turco. Più volte parlamentare, già ministra per la Solidarietà sociale (1996-2001) e ministra della Salute (2006-2008), oggi fa parte della Direzione nazionale del Pd. Nel 2022 ha scritto un libro, molto bello, che racchiude un’esperienza di vita, politica e personale: Compagne. Una storia al femminile del Partito comunista italiano (Donzelli Editore).

Può esistere e avere un futuro una sinistra che non abbia un pensiero forte su guerra, migrazioni, cambiamenti climatici, disuguaglianze?
No, non può esistere una sinistra che non sia dotata di un pensiero forte, di una visione della società. Bisogna analizzare i processi sociali e culturali con gli occhi della dignità umana, della giustizia, della uguaglianza. Bisogna scegliere chi si vuole rappresentare con l’ambizione di costruire un progetto che parli a tutta la società. La sinistra deve rappresentare i giovani, con i loro tormenti, debolezze e le loro potenzialità di lotta e di cambiamento. Le donne, anello cruciale della trasformazione sociale e culturale del mondo cambiamento. I lavoratori e le lavoratrici impegnati in lavori profondamente mutati, in cui le persone reclamano, in ogni forma del lavoro, sia in quelle più precarie e sfruttate sia in quelle, più qualificate, un diverso rapporto tra il tempo di lavoro e gli altri tempi della vita. Tutte le ferite sociali ma anche le forze produttive che hanno compreso che l’inclusione sociale, la valorizzazione del capitale umano conviene anche a loro per realizzare una qualità adeguata dello sviluppo a partire dalla tutela della terra e dell’ambiente. I nuovi e le nuove italiane, quei cittadini del mondo che vivono in mezzo a noi e rendono migliore la nostra società, avendo l’ambizione e la determinazione di costruire insieme una società plurale.

Come?
Una cultura politica ed un progetto non si costruisce nel chiuso di élite ma facendo agire una pratica politica, quella che si prende cura delle persone, le guarda in faccia, condivide i loro problemi e cerca di risolverli; la pratica politica della relazione umana, della comunità e del conflitto, della lotta per migliorare la propria condizione di vita. Per costruire un progetto ed una cultura politica bisogna sempre essere in viaggio, con gli occhi che scrutano, il cuore che ascolta, la mente che riflette. Bisogna essere popolo, bisogna attivare un noi plurale. Il progetto di una sinistra che vuole rinascere è secondo me, Un Nuovo Umanesimo, scandito dalle parole chiavi de: la coscienza del limite, contro ogni forma di mercificazione, la eguale dignità delle persone, il valore dei lavori, il prendersi cura delle persone, uno sviluppo economico e sociale basato suoi grandi Beni Comuni, la società della convivenza e la cittadinanza plurale, la comunità competente e la democrazia della cura, per ritessere il rapporto tra le persone e la politica, ricostruire il senso della rappresentanza politica e restituire dignità e forza alle istituzioni della politica. Il PD è nato nel 2007 sulla condivisione di un Manifesto di valori. Dopo la sconfitta elettorale alle elezioni politiche del 2022, ha elaborato, su forte impulso di Enrico Letta e con un contributo plurale, il Manifesto del Nuovo PD Italia2030 che considero un ottimo avvio del lavoro di innovazione e costruzione che dobbiamo fare.

Quanto e come può pesare il pensiero di Antonio Gramsci oggi per una sinistra alla ricerca di un pensiero forte e di una visione di sé e del mondo?
È opinione largamente condivisa che il pensiero di Antonio Gramsci, studiato in tutto il mondo, contenga analisi e categorie politiche utili per interpretare il tempo presente. Su questo giornale Michele Prospero ha richiamato alcuni dei concetti chiave del pensiero gramsciano. Proprio in questi giorni, di fronte agli efferati femminicidi, che confermano come il problema della violenza sulle donne debba prevedere una presa di parola autorevole da parte degli uomini ed una messa in discussione della propria identità e della propria sessualità, ho sentito il bisogno di andare a rileggere un articolo pubblicato su l’Avanti, scritto da Antonio Gramsci il 22 Marzo del 1917 La morale ed il costume. (Casa di bambola di Ibsen al Carignano) dedicato allo spettacolo teatrale di Enric Ibsen, in cui la protagonista- Nora Elmar- ad un certo punto della sua vita “abbandona la casa ,il marito e i figli per cercare solitariamente se stessa, per scavare e rintracciare nella profondità del proprio io le radici robuste del proprio essere morale, per adempiere ai doveri che ognuno ha verso se stesso prima che verso gli altri”. Si chiede Antonio Gramsci “perché questa parte dello spettacolo è stata accolta con un debole applauso da parte del pubblico mentre le altre parti della rappresentazione teatrale avevano avuto grande consenso”?. Gramsci ha indagato la questione femminile mettendo in risalto la relazione tra donne e uomini e l‘importanza di una nuova coscienza maschile e femminile. Tale tema è una costante del suo pensiero ed anche della sua azione come testimoniano le dirigenti dell’Ordine Nuovo, come Teresa Noce, che racconta Gramsci che andava a casa dei compagni e li rimproverava di non coinvolgere le loro mogli e figlie nella discussione politica e dava lui l’esempio, mettendosi a parlare di politica, mentre aiutava le donne a svolgere i lavori domestici e coinvolgendole attivamente nella discussione. Va poi ricordata la Nota 62 “Questione sessuale” e quella relativa a “Alcuni aspetti della questione sessuale” in Americanismo e fordismo. In apertura della nota troviamo una considerazione di carattere generale che identifica nella regolamentazione della sessualità l’assillo di quanti hanno voluto progettare la società nuova. Insomma vi è in Gramsci una particolare, attualissima attenzione al mondo femminile che lo rende a suo modo unico nel panorama dei pensatori, non solo marxisti, del suo tempo. Egli mette l’accento sulla formazione di una nuova personalità femminile, scava in profondità e negli aspetti più intimi della vita delle donne, conseguentemente dei bambini e di tutti gli oppressi esclusi dalla storia .Secondo Gramsci alla donna non basta una reale indipendenza economica e giuridica di fronte all’uomo. Occorre anche la realizzazione di una nuova immagine interiore di sé e lo sviluppo di una nuova identità, di una nuova consapevolezza anche nell’esercizio della sessualità. Straordinaria modernità ed attualità.

Riferendosi al partito, Gramsci lo pensò come “intellettuale collettivo”. Oggi sarebbe un’eresia?
No. Noi dobbiamo costruire un partito popolare che sia intellettuale collettivo. Dobbiamo farlo ascoltando i tanti pensieri elaborati nelle università, nelle istituzioni e nei centri culturali, in quei peculiari centri culturali che elaborano l’esperienza condotta nel campo sociale per curare le ferite e per tirare fuori le capacità delle persone più fragili; dobbiamo farlo promuovendo, nelle modalità più diverse, attività formative sui temi di attualità ma anche sulla storia e la memoria del nostro paese, della nostra Europa e del nostro mondo. Posso testimoniare l’interesse che ho riscontrato nei giovani parlando loro della vita e dell’opera di donne come Nilde Iotti, Tina Anselmi, le 21 Madri Costituenti.

Il nuovo Pd di Elly Schlein si sta attrezzando per queste sfide?
La nuova segretaria del Pd, cui ribadisco la mia fiducia e la convinzione che si sta impegnando nel modo giusto per affrontare le sfide molto difficili di questo nostro tempo, ha ripetutamente affermato di voler dare al Pd solide radici, di riconoscere il valore delle culture politiche da cui proviene il Pd, di impegnarsi nella formazione di un pensiero politico e di voler costruire un partito radicato, popolare, che offra gli strumenti della formazione. La incoraggio ad intraprendere con determinazione questo impegno, avvalendosi dei giovani ma anche delle tante risorse che può trovare nella Fondazioni culturali che fanno riferimento alle culture politiche del Pd, alle tante competenze che animano il nostro partito. Sia coraggiosa nell’ampliare lo sguardo: troverà tante persone che vogliono contribuire a costruire la sfida di combattere la destra e di far rinascere la sinistra. Riparta dal Manifesto per il nuovo Pd, troppo dimenticato, il cui incipit molto significativamente recita “Noi crediamo che la forza di un paese stia nella forza dei suoi legami sociali”. Questo per noi è il senso profondo della democrazia: un orizzonte di emancipazione e libertà. Una promessa di giustizia sociale, inclusione ed uguaglianza da realizzare attraverso impegno collettivo.

Di fronte ad una destra fortemente identitaria il concetto gramsciano di “rivoluzione passiva” è un accostamento azzardato?
Il concetto gramsciano di rivoluzione passiva si riferisce a processi di modernizzazione operati dall’alto, con una posizione passiva delle masse. Quel processo per cui non vengono messe in discussione le parole ma le si nutre di significati diversi. Un mutamento silenzioso delle strutture istituzionali, economiche, sociali, economiche. Mutamenti morfologici della politica moderna. Quando sento la Presidente del Consiglio parlare del valore della nostra Repubblica ostinandosi a non pronunciare la parola antifascismo sento il presagio di una rivoluzione passiva, di cambiare il senso della nostra storia senza dirlo ,un esempio di quel mutamento morfologico non percepito ma che inserendosi dentro il progetto di cancellare la presunta egemonia culturale della sinistra porta alla occupazione di ogni spazio di potere ed al cambiamento di fatto delle istituzioni democratiche e delle forme in cui si esercita il potere. Esaltare il nazionalismo quando siamo immersi nel cosmopolitismo dell’economia che richiedono al contrario efficaci istituzioni sovranazionali. Considerare normali espressioni come la “sostituzione etnica” ed il valore della bianchezza a fronte di una realtà mondiale e strutturale segnata dai movimenti migratori, dalla realtà di un Europa plurale che avrà bisogno di lavoratori e dunque persone che provengono da parti del mondo in cui la composizione demografica è contrassegnata da un’elevata popolazione giovane. Usare la battaglia contro l’utero in affitto non tanto per colpire i vergognosi ed inaccettabili processi di mercificazione del corpo femminile e della maternità bensì colpire di fatto i diritti dei bambini e delle bambine. Sono capitoli che possono costruire un cambiamento dell’assetto sociale, istituzionale e culturale del nostro paese in modo corrispondente al senso comune prevalente ma il cui risvolto concreto sarà un arretramento della democrazia ,un aumento delle diseguaglianze sociali, una società solcata da barriere ,da vecchie e nuove disumanità.

Umberto De Giovannangeli

Intervista pubblicata su l’Unità dell’8 giugno 2023

 

08 giugno 2023