Riflessioni dopo l'8 marzo, di Grazia Labate

Centinaia di appuntamenti in tutta Italia, promossi per le donne: dalla Caritas Internazionale, dalle Università, dai Comuni, dalle diverse associazioni, hanno affrontato temi e situazioni che comunque hanno reclamato la Pace come bene primario da salvaguardare e tutelare senza del quale nessuno si salva da solo.


Anche quest'anno, con il cuore triste e la mente ingombra di pensieri e di interrogativi si è tornate a celebrare la festa della donna, ovvero la Giornata internazionale dei diritti delle donne. Ogni 8 marzo riporta l'attenzione sulle donne, i loro diritti, la parità di genere e tutti quei temi che, ancora oggi, sono irrisolti. Ma oggi, come allora, nel 1917 a San Pietroburgo, in Russia, una manifestazione di donne chiedevano la fine della guerra. Poi, nel 1921, durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste che si svolse a Mosca, fu deciso che l'8 marzo diventasse la Giornata internazionale dell'operaia.

Quest'anno doveva essere un 8 marzo concentrato sulle pari opportunità, soprattutto nel mondo del lavoro, incentrato a ricercare soluzioni e speranze di nuove prospettive con le risorse previste dal Pnrr.
Proprio perché, in questi anni di Covid, con lockdown, restrizioni, smart working, le donne avevano pagato in prima persona l’acuirsi del gender gap.

Ma ora, nel mentre si stava uscendo piano piano, dalla pandemia è arrivata la guerra e il suo carico di dolore e morte. Dunque, non poteva che essere così, è stato un 8 marzo a livello nazionale ed internazionale, in cui le donne hanno chiesto a gran voce soprattutto lo stop al conflitto. Dedicato alle “sorelle ucraine”, in particolare a quelle che si sono messe e si mettono in cammino da sole o con i propri figli per raggiungere territori oltre i confini, sfidando bombe e spesso violenze, per salvare i loro figli e quel che resta di un barlume di speranza per il loro futuro.

Donne e bambini ai quali con ogni mezzo dobbiamo garantire un'accoglienza solidale e potentemente affettiva, che sia capace di cura e conforto e soprattutto carica della convinzione che un altro mondo è possibile, per far sentire loro, che siamo con loro, che siamo in prima fila per salvarle con i propri figli, perché possano tornare dai loro mariti e compagni nel proprio Paese, che ci auguriamo libero da ogni servitù, ad affrontare quel che resta della loro vita.

In molte città d'Italia la mimosa si è tinta di giallo e azzurro i colori dell’Ucraina, si sono svolte manifestazioni ed eventi per parlare di pace, di donne e di diritti. A livello nazionale con l'iniziativa del Ministero dei beni Culturali, che aveva deciso che l’8 marzo le donne potessero entrare gratis in tutti i musei e parchi archeologici statali, recava un messaggio forte e chiaro: le donne capaci di donare la vita, convinte che la bellezza cambierà il mondo. Anche l’ 8 marzo a scuola è stata l'occasione per parlare di donne e di diritti, di storia e di donne eccellenti.

Si può proprio dire che, con forza, si è parlato di tante donne che con la loro tenacia, intelligenza, creatività, hanno contribuito a cambiare il mondo della loro epoca, dando vita a dibattiti, facendo scoperte scientifiche, rivoluzionando il costume, la moda, mettendo al centro la questione femminile in momenti in cui avevano solo ruoli marginali legati alla famiglia e all'accudimento, conquistando diritti. Noi, che come fondazione Nilde Iotti, abbiamo trascorso un anno denso di iniziative grandi e piccole per ricordare una grande donna, madre della repubblica, appunto Nilde Iotti, prima donna presidente del Parlamento italiano, nel centenario della sua nascita, abbiamo come ha scritto la nostra presidente Livia Turco, dedicato il nostro 8 marzo ALLE DONNE UCRAINE: “DONNE, MAESTRE DI VITA.

Ecco la grande lezione che ci danno le donne UCRAINE mentre combattono per la difesa dei loro corpi, della loro dignità, per l'amore al proprio paese, per invocare la pace. Una lezione di vita che ci obbliga a ritessere il valore della pace, della democrazia, dell'Europa unita, della cooperazione tra i popoli di un mondo globale senza confini”.

L'8 marzo ha avuto nel nostro cuore e nelle nostre menti, il volto delle donne ucraine.
Ma non ha cancellato la situazione difficile per le donne lavoratrici italiane, di cui è stato accertato con i numeri dell’INPS che le pensioni sono più basse del 27% rispetto agli uomini, come conseguenza delle disuguaglianze salariali. Che in 13 anni, dal 2008 al 2021, il tasso di occupazione femminile è cresciuto soltanto di 2,6 punti percentuali. La grande manifestazione a Roma organizzata, come ogni anno, dal movimento "femminista e transfemminista" italiano Non Una di Meno, ha
attraversato nel pomeriggio il centro della città per denunciare il lavoro sempre più precario, le tante donne che lo hanno perso, ma in primis "per fermare la guerra in Ucraina ma anche l'invio di armi dall'Italia e dai paesi europei" per denunciare che "le pesanti sanzioni volute dalla Nato e approvate dall'Ue colpiranno la popolazione ed avranno conseguenze anche in Europa", per esprimere solidarietà alle tante ucraine che lavorano in Italia, e anche per reclamare "giustizia sociale e climatica, ridistribuzione della ricchezza, autodeterminazione e libertà di movimento per chi fugge dalla guerra, dalla fame, dalle catastrofi ambientali e da violenze".

Anche il tradizionale appuntamento nel Salone dei Corazzieri del Palazzo del Quirinale che quest’anno era incentrato sul tema "Giovani donne che progettano il futuro", trasmesso in diretta su Rai 1, ha visto la testimonianza di Oksana Lyniv, direttrice d'orchestra ucraina del Teatro comunale di Bologna e di giovani donne impegnate in diversi campi dell'economia e del sociale, dedicare al tema della pace gran parte dei loro interventi. La commissione parlamentare d'inchiesta sui femminicidi si è concentrata sul tema: "Il lavoro delle donne, libertà dalla violenza e strategia di sviluppo del Paese".

Centinaia di appuntamenti in tutta Italia, promossi per le donne: dalla Caritas Internazionale, dalle Università, dai Comuni, dalle diverse associazioni, hanno affrontato temi e situazioni che comunque hanno reclamato la Pace come bene primario da salvaguardare e tutelare senza del quale nessuno si salva da solo.

Il testo integrale dell’ appello che riguarda la guerra in Ucraina di “Se non ora quando” apparso su la Repubblica è stato chiaro e condivisibile:

“Oggi sentiamo che tocca a noi, anche alle donne, proteggerci, aiutando l’europea Ucraina a resistere alla inaudita aggressione. Ci appare più concreta la prospettiva che il nuovo profilo di un' Europa politicamente autonoma si basi sullo sviluppo della cittadinanza paritaria tra uomini e donne.

Il trentennio che ci sta alle spalle, invece di inaugurare la “fine della storia”, è stato teatro, come ripete da tempo papa Francesco, di una guerra mondiale a pezzi. Lo strumento della Nato va, perciò, ridefinito alla luce della costituzione di una forza di difesa dell’Unione europea, capace di sostenerne la comprovata missione di potenza civile.

Noi vogliamo che l’Europa sia la terra della libertà delle donne: non solo libertà da tutte le oppressioni ma libertà di esprimere pienamente la propria umana differenza. E non accettiamo che, in questa nostra terra comune, prevalga la logica del più forte e dell’uso delle armi per risolvere i conflitti.

Andiamo verso questo 8 marzo al fianco delle donne ucraine, le loro vite intrecciate alle nostre: la loro dignità è la nostra dignità. La loro libertà è la nostra libertà. Sotto lo stesso cielo d’Europa".

E’ di fronte a noi un compito grande: con ogni mezzo reclamare la pace.

Grazia Labate

Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità

 

 


 

13 marzo 2022